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Contributo degli Osservatori per Ministro Cartabia

Ho piacere di allegarvi la lettera che gli Osservatori sulla Giustizia Civile (in cui opero da molti anni, anche come portatore dei valori del diritto collaborativo) hanno inviato al Ministro della Giustizia Marta Cartabia, all’indomani della sua investitura. In questa lettera vengono delineate le Linee Prioritarie d’intervento sulla Giustizia che abbiamo elaborato in un confronto a livello nazionale.

Ciò che, in particolare, mi preme è sottoporvi il punto 6 di tale documento – di seguito trascritto – che è di significativo rilievo per tutti noi “collaborativi”, in quanto evidenzia la necessità di valorizzare tutte le forme di ADR (con esplicito riferimento al Diritto Collaborativo e alla Negoziazione Assistita), la necessità di un mutamento culturale (superamento della cultura avversariale) e l’importanza della formazione dei professionisti in tal senso.

Ebbene questo ci conferma che …. SI! avevamo ragione tutti noi che undici anni or sono – quando abbiamo appreso dell’esistenza della Collaborative Law negli USA ed in altri paesi europei e quando la parola Diritto Collaborativo sembrava un’astrusità giuridica – abbiamo creduto :

  • nella possibilità di una diversa declinazione e attuazione del concetto di Giustizia (l’idea che vede l’Avvocato come protagonista di una Giustizia senza Processo)
  • nella possibilità di passare dalla cultura dello scontro a quella del confronto,
  • nella possibilità che l’avvocato potesse essere agente di  una progressiva trasformazione nelle relazioni interpersonali e quindi nella società .

Oggi abbiamo conquistato la dignità di un posto ufficiale nei Tavoli dove si parla di Giustizia. Ciò è sicuramente fonte di orgoglio e speranza e desideravo pertanto condividere con tutti Voi questo momento.

[segue trascrizione estratto – il testo integrale è allegato ]

Estratto della lettera inviata dagli Osservatori sulla Giustizia Civile al Ministro della Giustizia Marta Cartabia –  9 marzo 2021

Gli Osservatori sono un movimento di base, formato da magistrati, avvocati, professori universitari e personale di cancelleria che, a partire dagli anni novanta, cerca di trovare soluzioni ‘a legislazione esistente’, attraverso buone prassi condivise tra tutti gli operatori e lo scambio di riflessioni. Coltivano una formazione comune attivata dal basso, che permette anche di evidenziare le criticità della giustizia civile che richiedono modifiche di normativa e di organizzazione, non essendo sufficienti le prassi virtuose, per quanto spazio queste possano avere ….

Premessa

La regia delle riforme che hanno interessato la giustizia, a partire dalla l. 80/05 in poi, è stata orientata da valori economici; questo ha comportato anche una riduzione di garanzie spesso inaccettabili, come, per fare un esempio, l’eliminazione del grado d’appello per le domande di protezione internazionale che riguardano diritti fondamentali, garanzia non eliminata per altre controversie, nemmeno per le opposizioni ad ordinanze ingiunzione.

Occorre, a nostro avviso, un cambiamento di prospettiva: riaffermare il valore della giurisdizione anche e soprattutto come strumento di attuazione di una giustizia a servizio della persona e della sua dignità.

Linee d’ intervento prioritarie:

…omissis

6. Altro tema in campo, anche su sollecitazione della Commissione europea rispetto al PNRR, è quello delle A.D.R.: gli Osservatori sono convinti che si debba realizzare una giustizia plurale, una giustizia non concentrata solo sulla giurisdizione, e debba essere colta l’occasione di investire le risorse disponibili per le a.d.r. che integrano il sistema giustizia, spesso intrecciandosi e dialogando con i percorsi giudiziari.

La valorizzazione degli strumenti di gestione dei conflitti diversi dal processo non si basa per gli Osservatori sull’esigenza di una deflazione del contenzioso, pur essendo chiaro che l’effetto deflattivo è una conseguenza dell’uso delle a.d.r.; tuttavia, dovrebbe emergere con chiarezza che questa è una conseguenza e non la ragion d’essere di metodi non giurisdizionali. Questa risiede piuttosto nel fatto che tali metodi sono più adeguati a risolvere alcune controversie e non altre; e non solo in base ad una astratta previsione basata sulla tipologia delle materie ma in relazione alla fattispecie concreta ed alla qualità delle parti.

Occorre dunque superare la cultura avversariale tradizionale, valorizzare e incentivare la mediazione, ma anche la negoziazione assistita, il diritto collaborativo, i metodi partecipativi, grazie ad incentivi fiscali e all’opera di formazione professionale. Formazione che deve inserirsi anche nei progetti educativi per le nuove generazioni, a partire dai più piccoli e per scuole di ogni ordine e grado sino alle Università.

Marina Petrolo

Presidente IICL

Vi auguro una Buona Pasqua !

Qui di seguito l’intero contributo:

Contributo degli Osservatori sulla giustizia civile per la Ministra della Giustizia Marta CartabiaInviato il giorno 9 marzo 2021

Gli Osservatori sono un movimento di base, formato da magistrati, avvocati, professori universitari e personale di cancelleria che, a partire dagli anni novanta, cerca di trovare soluzioni ‘a legislazione esistente’, attraverso buone prassi condivise tra tutti gli operatori e lo scambio di riflessioni.

Coltivano una formazione comune attivata dal basso, che permette anche di evidenziare le criticità della giustizia civile che richiedono modifiche di normativa e di organizzazione, non essendo sufficienti le prassi virtuose, per quanto spazio queste possano avere.

Le prassi elaborate hanno talvolta risolto problemi importanti, come ad esempio quelle racchiuse nei Protocolli di udienza per il processo civile, e altre volte sono state recepite normativamente (ad esempio, la regolamentazione del sub procedimento di consulenza tecnica d’ufficio). Altre volte ancora hanno colmato spazi bianchi lasciati dalle norme sostanziali, come avvenuto per le tabelle sulla liquidazione del danno non patrimoniale alla persona, considerate diritto vivente dalla Corte di Cassazione.

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Premessa

La regia delle riforme che hanno interessato la giustizia, a partire dalla l. 80/05 in poi, è stata orientata da valori economici; questo ha comportato anche una riduzione di garanzie spesso inaccettabili, come, per fare un esempio, l’eliminazione del grado d’appello per le domande di protezione internazionale che riguardano diritti fondamentali, garanzia non eliminata per altre controversie, nemmeno per le opposizioni ad ordinanze ingiunzione.

Occorre, a nostro avviso, un cambiamento di prospettiva: riaffermare il valore della giurisdizione anche e soprattutto come strumento di attuazione di una giustizia a servizio della persona e della sua dignità.

Linee d’ intervento prioritarie:

1. Occorre avviare la razionalizzazione e ridefinizione del perimetro di intervento della giurisdizione. Il compito che viene a essa addossato è oggi immane. Non solo dire il diritto e dirlo in una situazione di complessità straordinaria, ma riparare, proteggere, restaurare, valutare, amministrare, conciliare. In questa prospettiva ci sembra necessario rivedere i compiti della giurisdizione, iniziando, ad esempio, da una revisione radicale del settore della volontaria giurisdizione (ad eccezione di certi settori, come, ad esempio, i compiti affidati al giudice tutelare, tutti i casi in cui sono coinvolti minori, gli interventi sostitutivi in materia societaria) e dal trasferimento di certi compiti ad altre figure professionali (ingiunzioni non esecutive, alcune fasi delle esecuzioni forzate, etc.).

2. Per quanto concerne il processo, ribadiamo la convinzione di fondo che la modifica delle norme sul rito non sia sufficiente e che, anzi, le continue riforme possono essere addirittura dannose, moltiplicando le questioni anziché risolverle.

Gli interventi dovrebbero quindi essere limitati, tenendo conto delle esigenze di razionalizzazione, coordinamento e coerenza dei riti rispetto alle materie. Gli Osservatori sono attualmente al lavoro per analizzare quanto delle misure ideate durante il periodo di pandemia può essere utile anche successivamente e quanto dovrà essere abbandonato. Nel frattempo possiamo riaffermare la nostra idea di fondo: valorizzare l’oralità e il contatto tra le parti e il giudice come principio connaturato alla garanzia di un processo e una decisione giusti. Principio che, accompagnandosi ad una trattazione ‘concentrata’ del processo, si risolve anche in una maggior efficacia dell’intervento giurisdizionale, comportando in molti casi l’abbandono della lite.

In particolare, crediamo nella centralità della prima udienza al fine di favorire la tempestiva determinazione in limine litis del thema decidendum e del thema probandum, il filtro delle questioni realmente rilevanti, l’esplorazione delle possibilità conciliative o di un possibile innesto con i sistemi non contenziosi di soluzione del conflitto.

3. I temi relativi all’ organizzazione sono sempre stati un leitmotif di tutte le nostre Assemblee annuali: la rilevanza dell’organizzazione comporta la realizzazione di un’efficienza non fine a sé stessa, ma orientata verso certi obiettivi e valori, capace di controllare i fini e di non essere diretta dal calcolo digitale. Occorre l’aumento di risorse adeguate e moderne: tra le priorità indichiamo la copertura delle vacanze dell’organico di magistrati e personale di cancelleria e in particolare la rifondazione dell’Ufficio del processo, oggetto di attenzione anche nel PNRR.

A nostro avviso, occorre immaginare nuove figure di assistenti del giudice che costituiscano l’Ufficio, assunte in modo stabile o, quantomeno, per un periodo di tempo adeguato, e con mansioni raccordate alle dinamiche del processo telematico. Bisognerebbe immaginare anche figure di assistenti giuridici, formati nella materia della sezione ove l’Ufficio si colloca, specialmente ove esistano sezioni specializzate (imprese, immigrazione), ma anche per settori delicati come la famiglia e le persone minori.

Nell’ambito dell’Ufficio potranno svolgere la loro attività i tirocinanti, che vedranno soddisfatte anche le loro esigenze formative.

4. La giustizia deve essere condivisa, ma anche diffusa: occorre assicurare la giustizia di prossimità non solo attraverso le piattaforme telematiche, ma anche con sportelli fisici diffusi sul territorio a seconda dei settori interessati e per materie specifiche (ad esempio per l’amministrazione di sostegno). Nel momento in cui si affronta lo sforzo della digitalizzazione, non bisogna perdere di vista la questione del digital divide che riguarda le persone più fragili o marginali.

5. Per quanto concerne la digitalizzazione siamo convinti che occorra investire certamente nella giustizia digitale come supporto al servizio giustizia, con ruolo strumentale rispetto alla ricerca intellettuale del giurista: e quindi per assicurare la prevedibilità delle decisioni attraverso banche dati, raccolta di precedenti, tabelle, calcoli. Non per attuare, invece, la cosiddetta giustizia predittiva (già in uso in Usa, specie per la valutazione del rischio di recidiva) intesa, in senso proprio, come decisone affidata all’intelligenza artificiale.

Questo settore pone delicati problemi, specie sulla protezione dei dati, su cui stanno lavorando due nostri gruppi di lavoro e saremo lieti di inviarLe le loro elaborazioni. Sin d’ora ribadiamo la nostra convinzione che la decisione sul caso concreto debba essere lasciata al discernimento dell’umano per assicurare l’effettività della tutela richiesta dalla Costituzione e dalle fonti sovranazionali.

Quanto alla digitalizzazione in senso proprio ci pare necessario da un lato il potenziamento del personale informatico interno all’amministrazione, anche con funzioni di assistenza diretta agli Uffici, dall’altro la creazione di una banca dati di merito ‘generale’, avente come base tutti i

provvedimenti depositati nel sistema SICID attraverso il PCT e accessibile liberamente a tutti i possibili utenti: banche dati di tal genere, già realizzate da Ordini e da studiosi, pur se limitate a dati territori e/o materie, hanno già dimostrato grande efficacia in termini di prevedibilità delle decisioni e di conseguente riduzione del contenzioso.

6. Altro tema in campo, anche su sollecitazione della Commissione europea rispetto al PNRR, è quello delle A.D.R.: gli Osservatori sono convinti che si debba realizzare una giustizia plurale, una giustizia non concentrata solo sulla giurisdizione, e debba essere colta l’occasione di investire le risorse disponibili per le a.d.r. che integrano il sistema giustizia, spesso intrecciandosi e dialogando con i percorsi giudiziari.

La valorizzazione degli strumenti di gestione dei conflitti diversi dal processo non si basa per gli Osservatori sull’esigenza di una deflazione del contenzioso, pur essendo chiaro che l’effetto deflattivo è una conseguenza dell’uso delle a.d.r.; tuttavia, dovrebbe emergere con chiarezza che questa è una conseguenza e non la ragion d’essere di metodi non giurisdizionali. Questa risiede piuttosto nel fatto che tali metodi sono più adeguati a risolvere alcune controversie e non altre; e non solo in base ad una astratta previsione basata sulla tipologia delle materie ma in relazione alla fattispecie concreta ed alla qualità delle parti.

Occorre dunque superare la cultura avversariale tradizionale, valorizzare e incentivare la mediazione, ma anche la negoziazione assistita, il diritto collaborativo, i metodi partecipativi, grazie ad incentivi fiscali e all’opera di formazione professionale. Formazione che deve inserirsi anche nei progetti educativi per le nuove generazioni, a partire dai più piccoli e per scuole di ogni ordine e grado sino alle Università.

Occorre razionalizzare e riordinare un quadro normativo complesso e a volte non coordinato e incompiuto (solo per fare un esempio, si pensi che la normativa sulle controversie dei consumatori – d.lgs. 130/2015 – attende il decreto attuativo dal 2015; il decreto legislativo n. 28 del 4 marzo 2010 prevede un credito di imposta per la mediazione mai attuato, e attuato invece per la negoziazione assistita).

Infine, occorre riformare la normativa sulle spese: in particolare l’attuale regolamentazione appare obsoleta nel momento in cui riconosce il patrocinio a spese dello Stato all’attività dei difensori collegata al procedimento giudiziale ed alle sue varie fasi, comprese quelle accessorie. In primo luogo, nel momento in cui il legislatore rende addirittura obbligatorie certe fasi stra-giudiziali, deve coerentemente riconoscere il patrocinio anche per tali fasi. Pertanto, appare opportuno prevedere anche per le liti interne quanto già previsto dalla legge attuativa della direttiva sul legal aid per liti transfrontaliere (art. 10 d. lgs. 27/5/2005 n.116) che estende il patrocinio ai procedimenti stragiudiziali previsti come obbligatori o quando il giudice vi abbia rinviato le parti. Inoltre, sarebbe opportuno dare una completa attuazione alla norma comunitaria laddove prevede (art. 3 comma 2 Direttiva 2002/8/UE) che il patrocinio a spese dello Stato deve essere garantito anche per giungere ad una soluzione prima di intraprendere un’azione legale, e ciò auspicabilmente non solo per le liti transfrontaliere.

7. Un ultima riflessione sul principio di chiarezza e sinteticità degli atti e dei provvedimenti: l’attenzione alla lingua del diritto costituisce un altro filone che gli Osservatori hanno coltivato a lungo, anche in collaborazione con la Scuola Superiore dell’Avvocatura, le Università, e il Suo Ministero.

La moderna funzione della giurisprudenza, dove è fondamentale l’argomentazione giuridica per ricostruire la tutela effettiva invocata dalle persone in un sistema di fonti multilivello, comporta ancor di più la necessità dell’osservanza dei criteri di chiarezza e sintesi. Pensiamo che su questo settore molto possano incidere percorsi di formazione comune e un’opera culturale, più che una norma del codice, pur auspicabile.

Questo però è un obbligo anche per il legislatore: è stato detto che allo stesso modo della fattispecie legale anche la sentenza non deve contenere nulla di più e nulla di meno di quanto necessario per adempiere la sua funzione lato sensu normativa. Tuttavia, prima ancora, i principi di chiarezza e sintesi riguardano il legislatore perché la tecnica legislativa, specie negli ultimi tempi non adeguata a tali principi, crea effetti devastanti, produce inflazione e contribuisce alla non prevedibilità delle decisioni.

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